Ci sono fatti che segnano la nostra vita, segni di passaggi epocali.
E la storia non va riscritta come può fare comodo.
E le parole che si dicono hanno un peso.
L'Italia dal 1922 al 1943 ha vissuto sotto una dittatura in cui un uomo solo al comando era riuscito ad annullare la libertà di stampa, la libertà di pensiero, la libertà di riunirsi per tutti coloro che non la pensavano allo stesso modo.
Un uomo solo al comando che ha trascinato l'Italia in guerra causando la morte di circa 500.000 tra militari e civili.
E portare un popolo alla guerra significa NON AMARLO.
Perché non si ama un popolo quando si accettano oltre 5.500 episodi di violenza omicida perpetrata dalle forze naziste e fasciste, che portarono alla morte di più di 23mila persone.
In questi numeri vengono considerate le uccisioni dovute ai rastrellamenti, alle esecuzioni "esemplari", alle rappresaglie sui civili e agli omicidi per motivazioni razziali avvenuti sul suolo italiano.
Gli eccidi furono compiuti sia dai reparti nazisti di stanza in Italia sia dalle milizie e forze di polizia fasciste.
Più della metà delle vittime furono civili uccisi nelle rappresaglie, la parte restante fu composta soprattutto da partigiani attivi nella RESISTENZA, da esponenti antifascisti, religiosi e militari.
Oltre 1.500 bambini e adolescenti vennero trucidati.
Perchè non si ama un popolo quando si partecipa alla strage delle Fosse Ardeatine per cui lo stesso Hitler diede l'ordine per una rappresaglia che, nelle sue parole, "facesse tremare il mondo".
Ci furono invece tante donne e tanti uomini capaci di reagire, capaci di guardare lontano, di pensare al futuro di chi sarebbe venuto dopo di loro.
Donne e uomini capaci di lottare sapendo di poter anche morire per la Libertà dalla dittatura, per la fine di una guerra e per la ricostruzione di una Nazione.
Ed ecco che, finita la guerra, finita la dittatura, il popolo italiano ha conosciuto una MATURITÀ di cui andare fieri.
Ha compreso il significato e l'importanza dell'essere comunità.
Di costruire insieme le regole della convivenza.
Ed è così che è nata la costituzione, una COSTITUZIONE ANTIFASCISTA perché contrappone il TUTTI all'uno, la COMUNITÀ E LA DEMOCRAZIA alla dittatura.
Dal 4 marzo al 22 dicembre 1947 il lavoro delle commissioni fu discusso, emendato e infine approvato dall'intera Assemblea Costituente.
Il testo fu votato da tutte le forze politiche che erano state protagoniste DELL'ANTIFASCISMO E DELLA RESISTENZA.
Il testo fu depositato nella sala comunale di ciascun comune della Repubblica per rimanervi esposto durante tutto l'anno 1948 affinché ogni cittadino potesse prenderne cognizione e ricominciare a credere di poter vivere in LIBERTÀ.
Una Costituzione che dice CHIARAMENTE che è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
E se oggi noi possiamo essere qui a parlare lo dobbiamo a tutti coloro che si sono fatti portatori di LIBERAZIONE come Salterini, Bertucci, Ghisolfi, Quarelli, Derlindati, Grassi per citare alcuni di quelli a noi vicini, quelli i cui cippi si ergono come sentinelle, lungo i fossi, nei crocevia, a ricordarci
SONO MORTO ANCHE PER TE,
HO COMBATTUTO
PERCHÈ TU POSSA COSTRUIRE E NON DISTRUGGERE,
PERCHÈ TU POSSA PARLARE E NON ESSERE ZITTITO,
PERCHÈ TU POSSA GIOIRE NELL’ESSERE LIBERO.
W la lotta di Liberazione!
W il 25 Aprile!